di Maurizio Borghi

Introdotti come da copione dal piano di “In Waves”, i Trivium irrompono in scena su uno stage visivamente curato, con la nuvola nera e minacciosa come stendardo e rami scuri a riempire i lati. Gli stessi musicisti vestono completamente di nero, per un impatto omogeneo e ben curato. Come in tutte le performance recenti, la band appare concentratissima, con suoni assolutamente perfetti e una batteria molto triggerata a dettare i tempi di un’esibizione rodatissima e priva di qualsiasi sbavatura. Heafy, in un’inedita versione scapigliata, sembra più carico del solito e incita a più riprese il pubblico al circle pit: rispondono sia i ragazzi sotto il palco che quelli dietro le transenne, in un’esplosione di energia notevole. La cosa più bella? Vedere nonna Gregoletto assistere a lato palco, seduta su una seggiola col bastone in mano, alla performance scalmanata del nipote Paolo (di chiare origini italiane), immobile in uno sguardo tra curiosità e fierezza! Per gli hater, i Trivium sono troppo puliti e perfettini e non esisterebbero senza una label come Roadrunner alle spalle, ma il pubblico odierno non sembra pensarla affatto così. A nostro parere, passo dopo passo, i ragazzi floridiani stanno costruendo la loro carriera nella maniera migliore, e lo show di oggi è un altro importante mattoncino.

Trivium

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