di Marco Gallarati

Dopo i due spettacoli incentrati sul classico e sul moderno, con Unisonic e Adrenaline Mob, si torna sul versante estremo-melodico con gli Amon Amarth, i vichingoni svedesi per antonomasia. Anche loro, come i Cannibal Corpse, tornano al Gods Of Metal dopo solo due anni e lo fanno con uno spettacolo al solito ferale e possente, senza troppi rallentamenti e completamente devoto all’epicità pura. Come da pronostico, l’Arena si sta lentamente riempiendo, anche se l’affluenza resta abbastanza risicata, in attesa di vedere cosa succederà all’avvento dei Manowar. Johan Hegg è parso in forma, sebbene chi scrive lo preferisce molto più quando sfodera il suo basso e cavernoso growl rispetto alla sua timbrica più orientata sullo screaming. I minutaggi cominciano ad allungarsi e gli Amon Amarth hanno potuto godere di un’ora e dieci di performance, quasi come una data singola da headliner, dunque. In questi settanta minuti, si sono ovviamente alternati più o meno tutti i classici della formazione, con menzione particolare per “The Fate Of Norns”, “Cry Of The Black Birds”, “Live For The Kill”, “Destroyer Of The Universe”, “For Victory Or Death” e chiaramente il gran finale affidato a “Guardians Of Asgaard”, che a chiuso uno show del tutto positivo, a parte dei suoni non completamente impeccabili, soprattutto sotto palco. Finora quindi, a parte probabilmente i precedenti Adrenaline Mob, la prima giornata del Gods 2012 si sta svolgendo senza particolari sorprese. Un giorno di ordinaria canicola.

Amon Amarth

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